No­ti­zie dal fron­te

Biennale di Architettura di Venezia

Alcuni membri del Comitato SIA si sono recati alla 15. Mostra Internazionale di Architettura di Venezia e sono tornati con un bagaglio carico di spunti, entusiasmo e impressioni positive. Ecco tre commenti a caldo sull’esposizione e qualche suggerimento.

Publikationsdatum
20-10-2016
Revision
20-10-2016

Quest’anno i riflettori della più importante mostra internazionale di architettura sono puntati sui valori umani, sugli obiettivi volti al bene comune e sugli aspetti legati ai grandi problemi mondiali, tra cui l’urbanizzazione, i cambiamenti climatici e la penuria di risorse naturali. Alejandro Aravena, direttore artistico della 15. Mostra Internazionale di Architettura, ha volutamente scelto di intitolare l’evento «Reporting from the Front», alludendo alle notizie che ci giungono dai teatri di guerra. L’architetto cileno, insignito del premio Pritzker, mette a confronto l’architettura e gli architetti con l’elenco di ciò che è vitale: un tetto sopra la testa, l’igiene, la sicurezza, città funzionanti ecc.

La 15. Mostra Internazionale di Architettura illustra molti di questi aspetti e fa, per così dire, un’incursione «lungo il fronte», affinché l’architettura (così scrive il presidente della Biennale Paolo Baratta) sia nuovamente concepita come uno strumento con cui raggiungere obiettivi di natura sociale e politica, un bene pubblico che aiuti a migliorare anche le condizioni di chi è privo di qualsiasi mezzo. Un’architettura che sia insomma più fortemente legata alle risorse disponibili.

I progetti della mostra curata da Aravena, esposti all’Arsenale, e il ventaglio di opere in mostra nel Padiglione centrale si focalizzano su alcuni temi scottanti sollevati dagli sviluppi e dalle sfide di oggi, mostrando con grande impatto come gli architetti siano in grado di fornire valide risposte alle impellenti domande del presente, con innovazioni costruttive e raffinatezza di forme. 

Ariane Widmer Pham

Losanna, arch. dipl./urbanista PF/SIA/FSU/FAS, responsabile di progetto SDOL, «Schéma directeur de l’Ouest lausannois».

«Trovo molto entusiasmante il tema che il curatore Alejandro Aravena ha scelto per la Biennale di quest’anno. Ci troviamo di fronte a un’architettura realizzata con materiali e strumenti molto semplici, un’architettura che relativizza in modo efficace la nostra ricerca di estetica e perfezione e pone l’idea di un’architettura in contrasto, solo con ciò che è assolutamente necessario.

La concezione architettonica tocca qui le questioni più elementari: come riuscire a portare luce in una capanna se non ci sono i soldi per costruire le finestre? Troviamo risposta in un esempio che ci giunge dal Sudamerica, dove nell’apertura del tetto di una casa viene inserita una bottiglia di PET piena d’acqua che irradia luce verso l’interno.

In francese parliamo di architecture vernaculaire, vale a dire di costruzioni realizzate senza gli architetti, di un’architettura che nasce dalla tradizione, da un determinato contesto sociale. I progetti in mostra provengono dai Paesi in via di sviluppo o dai Paesi emergenti. Pensando a questi esempi, risulta chiaro che con le case Minergie–Plus stiamo perseguendo un concetto di sostenibilità basato su tecniche complesse. Per me questo è il passo successivo a Minergie–Plus, per tutti coloro che, nel mondo, hanno a disposizione solo materiali semplici. Nei progetti in mostra a Venezia vediamo case provviste di un’apertura rivolta verso il sole, proprio lì dove è necessario, concepite insomma per essere scaldate o raffreddate senza bisogno di alta tecnologia.

Quella del 2016 è una Biennale forte, poiché lancia un messaggio al passo con i tempi – si parla di un costruire impegnato e sociale».

Eric Frei

Ginevra, arch. dipl. PF/FAS/SIA, contitolare dello studio Frei Rezakhanlou Architectes.

«Ho apprezzato molto la mostra dell’Arsenale, curata da Aravena in persona. È lui che ha deciso i contenuti e le collocazioni, pure la messa in scena a livello spaziale gli è particolarmente riuscita, anche dal punto di vista architettonico.

Mi è piaciuta anche l’idea che, per costruire le strutture espositive, si sia deciso di riciclare il materiale della Biennale precedente. L’esposizione ci parla in un linguaggio pacato, ma fortemente espressivo.

Malgrado il tema a sfondo sociale, partecipano alla Biennale Architettura anche alcune archistar. Aravena riesce sapientemente a coinvolgere i grandi nomi dell’architettura, senza però che le tematiche rappresentate passino in secondo piano.

L’installazione di Kerez, nel Padiglione svizzero, ha un tocco arcaico. L’opera, di forma amorfa, ricorda gli antri di una caverna. Entrando nei suoi meandri si vive un’incredibile avventura di sperimentazione spaziale. Sembra un paradosso, eppure, osservando questa struttura organica e naturale, non trapelano l’intenso lavoro concettuale e le tecniche complesse a monte dell’installazione. L’opera è, a mio modo di vedere, un contributo tipico delle installazioni del Padiglione svizzero: un approccio leggermente pretenzioso, ma altamente intellettuale e innovativo. Un progetto molto stimolante e assolutamente in linea con lo spirito della Biennale».

Daniele Biaggi

Berna, geologo dipl. CHGEOL SIA, Geotechnisches Institut AG.

«Sono geologo di professione e a Venezia mi è apparso chiaro perché, per gli architetti, a differenza di noi geologi, non è possibile delimitare in modo netto il proprio profilo professionale. In veste di direttore artistico, Alejandro Aravena ha sottolineato il ruolo dell’architettura nel contesto sociale, approfondendo il discorso in modo anche provocatorio. Io ho colto così il suo messaggio:

Cari architetti, scendete dalla torre d’avorio della mera architettura, occupatevi delle abitazioni di chi non ha nulla e vive nelle favelas, nelle zone distrutte dalla guerra o nelle regioni colpite dalle catastrofi naturali”.

Ecco perché, secondo me, Aravena ha scelto il titolo “Notizie dal fronte”. Numerosi Paesi hanno seguito il tema proposto dandone un’interpretazione molto chiara. Mi è rimasta stampata nella mente una capanna in India, costruita con i rifiuti, ma ricordo vivamente anche un progetto di edifici scolastici antisismici e un brillante esempio di come realizzare agglomerati–container per alloggiare i migranti».

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