La pie­tra na­tu­ra­le mas­sic­cia

O l’operazione di trasformare una cava in edificio*

Nel contesto svizzero questo materiale rimane largamente disponibile e vanta, in alcune regioni del Paese, una lunga tradizione di sfruttamento e lavorazione.

Publikationsdatum
01-10-2018
Revision
01-10-2018

Verso una nuova età della pietra

All’Esposizione Nazionale Svizzera del 1939 a Zurigo, conosciuta come «Landi 39», era presente una teca che raffigurava le risorse del Paese. La didascalia riportava laconica, in due lingue: «Né petrolio, né carbone, né ferro, né oro. – Limitati alle esigue risorse che offre il nostro suolo, noi vivremmo come ai tempi preistorici».1 A quest’epoca quindi le pietre naturali, che costituiscono la maggior parte del sottosuolo della Svizzera, non erano più considerate come una risorsa.

Interessante però notare solo pochi anni dopo, allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, che questi materiali da costruzione locali siano stati rivalutati, attraverso un’interessante pubblicazione che ne elogiava i meriti, in particolare la grande disponibilità, la facilità di lavorazione e la ridotta energia di estrazione.2 Queste riflessioni sono oggi di grande attualità all’epoca dello sviluppo sostenibile. E la dimostrazione è stato il grande successo, e sostegno, che ha ricevuto riprendendo argomenti simili la costruzione in legno in Svizzera. Mi sono posto quindi la domanda, più di dieci anni fa, di approfondire il tema della costruzione massiccia in Svizzera al fine di permettergli di ritornare a fare parte dei materiali da costruzione contemporanei.3

Nel contesto svizzero questo materiale rimane largamente disponibile e vanta, in alcune regioni del Paese, una lunga tradizione di sfruttamento e lavorazione. Oggi quest’attività di estrazione di una risorsa del sottosuolo si scontra spesso con le esigenze di occupazione e pianificazione del territorio rendendone difficile, se non impossibile, l’accesso.4 Molti giacimenti non sono più sfruttati e il numero di cave si è ridotto, come anche la varietà di litotipi disponibili.

Questo fenomeno è stato favorito dall’utilizzo di materiali sostitutivi, primo fra tutti il calcestruzzo. In particolare, l’attività estrattiva si è concentrata nel Canton Ticino (pietre metamorfiche come gneiss e marmo), nella zona orientale dell’Altopiano (arenarie) e in alcune zone lungo l’arco alpino (calcari silicei). I giacimenti di calcari del Giura svizzero, dove a inizio Novecento era presente la maggior parte delle industrie estrattive, sono stati in parte chiusi e in parte convertiti per la produzione di leganti (cementi). I materiali rimasti sono oggi sfruttati per il restauro dei monumenti storici (arenarie) o per la produzione di rivestimenti (rocce dure).

Questo secondo impiego comporta una scelta del materiale in base a criteri spesso estetici (uniformità della tessitura) e il conseguente scarto di un numero importante di blocchi. Questi ultimi presentano caratteristiche meccaniche sufficienti all’utilizzo strutturale, ciò che permetterebbe una loro valorizzazione quali materiali da costruzione per strutture portanti e rivestimenti autoportanti. In questo modo si potrebbe tendere a una valorizzazione totale dei prodotti estratti, aumentandone così la sostenibilità.5 Qui di seguito vorrei sviluppare alcune altre ragioni a sostegno dell’impiego della pietra naturale che sono servite quali discriminanti per la selezione dei progetti presenti in questo numero della rivista Archi.

Ragioni oggettive a sostegno dell’impiego della pietra naturale

Utilizzare oggi la pietra naturale massiccia ha valide ragioni oggettive nell’ottica di uno sviluppo sostenibile che consideri tutti e tre i suoi pilastri (ambiente, economia e socialità). La pietra ha un ridotto impatto ambientale perché è allo stesso tempo un materiale e una materia, visto che non necessita di fasi di trasformazione, ma solo di lavorazione, come succede con il legno (massiccio). Inoltre, come già enunciato, l’utilizzo in forma massiccia permette una valorizzazione totale della risorsa estratta, riducendo così la pressione sui giacimenti e, di conseguenza, l’impatto sul paesaggio.

Il suo elevato peso specifico la rende un’ottima massa di accumulo energetico, ciò permette di realizzare edifici con un’inerzia termica tale da poter smorzare le fluttuazioni di temperatura giornaliere, aumentare il comfort estivo e sfruttare in modo passivo le radiazioni solari. La messa in opera delle murature in pietra naturale avviene con malte di calce ciò che ne assicura lo smontaggio e la conseguente possibilità di riutilizzo.6 Il valore aggiunto in termini economici dell’impiego della pietra massiccia risiede nel suo carattere locale che assicura la sopravvivenza non solo delle tradizioni costruttive, ma soprattutto di quelle industriali, anche in aree geografiche discoste.

Inoltre, l’utilizzo di elementi di grandi dimensioni richiama la tecnica della prefabbricazione, riducendo il tempo di montaggio e i costi legati al cantiere, così come il fatto che può essere messa in opera praticamente a secco, anche se una malta di posa è impiegata, e assume la sua funzione portante al momento del montaggio in cantiere: non è necessario alcun tempo di maturazione. Inoltre, una struttura in pietra massiccia ha un costo inferiore a una struttura analoga rivestita con lastre sottili in pietra naturale.7 Da un punto di vista sociale, la presenza delle cave e dei laboratori di lavorazione assicura la presenza di posti di lavoro qualificati.

D’altra parte, gli edifici costruiti in pietra naturale sono fortemente legati al territorio che li accoglie e formano così degli elementi identitari, oltre a possedere un forte carattere poetico.8 Infine va ricordato anche il valore didattico di questo materiale che permette agli architetti in formazione di approfondire i fondamenti della loro disciplina: composizione, proporzione, ombra e luce.9

Attualità della pietra naturale massiccia

Dalle ragioni precedentemente elencate si evince che questo materiale sia di attualità soprattutto impiegato in forma massiccia. In particolare, le pietre naturali estratte sul territorio svizzero presentano qualità tecniche tali da permettere il loro impiego per le normali opere di edilizia. In ambito di alloggio, murature in pietra massiccia possono facilmente assicurare la stabilizzazione anche in caso di sismi a edifici di sei piani,10 nelle zone a rischio sismico ridotto. Queste ultime, in Svizzera, occupano la maggior parte dell’Altopiano e il Ticino, che sono anche tra le aree più popolate del paese.11

Questo è in perfetto accordo con quanto già scritto dall’architetto francese Fernad Pouillon in seguito alle sue esperienze con la costruzione in pierre prétaillée: «Pour moi, construire une aérogare en pierre serait une imbécillité, pour ne pas dire une folie. Mais s’imposer des structures dynamiques pour installer des trois pièces-cuisines dans des immeubles de trois à dix étages, n’est pas moins abérrant».12 Questi stessi materiali, e in particolare gli gneiss, presentano dei valori di resistenza alla compressione superiori a quelli dei normali calcestruzzi e per questo furono da sempre utilizzati per le opere di genio civile come i ponti.

Oggi, questa caratteristica può essere sfruttata in strutture pre- o postcompresse, permettendo non solo di aumentare la resistenza alla flessione di questi manufatti, ma anche il montaggio in laboratorio di elementi che superano i limiti imposti dalle dimensioni naturali del blocco di cava.13 Queste strutture non necessitano, in generale, di finiture ulteriori o di rivestimenti. Sono da considerare quali strutture in pietra massiccia anche i rivestimenti autoportanti, per esempio per le facciate di edifici.

Questa forma di impiego riduce i punti e la dimensione degli ancoraggi rispetto ai sistemi di facciata ventilata in pietra naturale, possiede un’elevata durata di vita (secondo il tipo di pietra naturale scelto) e inoltre offre al progettista un più grande spettro di lavorazioni superficiali, in particolari quelle a spacco o con elevata rugosità.

Progettare con la pietra naturale massiccia oggi

La costruzione in pietra massiccia contemporanea non può essere analizzata come un movimento unitario. L’unità è quella di materiale – o piuttosto dello spessore di materiali lapidei differenti –, ma già le tecniche costruttive utilizzate sono diverse così come i particolari costruttivi impiegati. Questo a dimostrare che anche l’utilizzo di un solo tipo di materiale non sia un vero e proprio freno alla differenza nelle risposte date a problemi e esigenze simili.

Si è cercato nel presente numero della rivista Archi di illustrare, attraverso i progetti selezionati, alcune attitudini e soluzioni che illustrano quanto riportato nei paragrafi precedenti: la pietra è un materiale contemporaneo perché capace di rispondere, come lo ha sempre fatto, alle esigenze attuali in diversi ambiti della costruzione. I progetti di alloggi presenti nel numero si ispirano direttamente alle esperienze del già citato Fernand Pouillon che sono state riprese e ampliate dall’opera di Gilles Perraudin e da una nuova generazione di architetti francesi: impiego strutturale della pietra massiccia, in grandi formati pretagliati in cava; riduzione dei costi, dei tempi d’esecuzione e montaggio in cantiere e, infine, del «vocabolario» espressivo.14

L’approccio strutturale e ingegneristico è illustrato attraverso il confronto tra due passerelle, realizzate in Svizzera, che dimostrano il potenziale e le possibilità tecniche insite in questo materiale. In questo caso, la perizia progettuale ed esecutiva è da ricercare sia nel particolare costruttivo (giunti, fissaggi) sia nella scelta del modello strutturale. Quando si parla di pietra naturale, oggi non si possono dimenticare le cave, anche quelle dismesse e il loro valore di luoghi – da contrapporre a un approccio che le considera troppo spesso semplicemente degli squarci nel paesaggio. Con un’attenta conoscenza e comprensione della situazione si possono sfruttare queste occasioni per produrre sia luoghi a carattere pubblico sia edifici residenziali privati.

Infine, l’utilizzo in forma massiccia dei rivestimenti lapidei, che ha una lunga tradizione in area mediterranea, permette di integrare gli edifici nel loro contesto, come a Siracusa, oppure di reinterpretare e dare un volto nuovo a edifici esistenti applicando tecniche costruttive tradizionali, come nel progetto di Ascona. Un possibile denominatore comune, per concludere, di tutti questi progetti non è forse solo il materiale, ma anche un’attitudine verso il progetto e la costruzione perché, come diceva Paul Schmitthenner, «Non si tratta di inventare forme per poi cercare materiali e tecniche ad essi adatti, bensì di trovare nelle potenzialità tecniche e dei materiali la forma migliore e più funzionale e quindi anche più bella».15

 

 

Note

*    Libero adattamento di un passo del testo di
Paul Valéry, Eupalinos ou l’Architecte, Editions Gallimard, Paris 1945, p. 104.

1.    Hans Hoffmann, a cura di, Heimat und Volk -
Le pays et le peuple - Il paese e il popolo – Pajas e pövel
, Verlag Fretz & Wasmuth A.G., Zürich 1939.

2.    Ernst Reinhart, a cura di, Landschaften und Bauten. Band III. Stein und Steinwerk

        Im Ilionverlag, Bern-Basel-Olten 1945.

3.    La tesi di dottorato Construction en pierre massive en Suisse si è svolta tra il 2007 e il 2011 presso l’Ecole Polytechnique Fédérale di Losanna con il sostegno del Fondo Nazionale della Ricerca Scientifica. Il documento finale è disponibile all’indirizzo: http://infoscience.epfl.ch/record/162262 (consultato il 27.08.2018).

4.    Si veda anche a questo proposito il saggio di Guillaume Habert in questo numero di Archi.

5.    Questa riflessione si fonda sulle riflessioni e realizzazioni fatte da Gilles Perraudin a partire dal 1998 e presentate nel suo saggio in questo numero di Archi.

6.    Il riutilizzo, a differenza della maggior parte delle forme di riciclaggio, non necessità di ingenti investimenti energetici. Anch’esso fa parte della tradizione della costruzione in pietra naturale.

7.    Si veda a questo proposito l’articolo di Dimitra Ioannidou, Stefano Zerbi e Guillaume Habert, When more is better – Comparative LCA of wall systems with stone, Build Environment , n. 82, 2014, pp. 628-639.

8.    «Dalla maniera con cui sono disposti in ogni blocco di marmo essi [i colori, n.d.A.] ci mostrano come questo marmo si è formato e i necessari mutamenti per cui è passato. Ed in tutte le sue vene e le sue macchie sono scritte innumerevoli leggende, tutte vere, sull’antica costituzione del regno delle montagne a cui il blocco appartiene, su tutte le debolezze e forze, convulsioni e consolidamenti dal principio del tempo. E non sarebbe più possibile rimanere fermi davanti alla cornice di una porta senza ricordarsi o domandarsi qualche dettaglio degno di essere tenuto a mente, sulle montagne d’Italia o di Grecia, d’Africa o di Spagna, e così si andrebbe avanti di cognizione in cognizione, fino a che i muri delle nostre case diventerebbero per noi volumi così preziosi come i libri della nostra biblioteca.» John Ruskin, Le pietre di Venezia, Rizzoli, Milano 1987, p. 360.

9.    In particolare l’insegnamento di Gilles Perraudin presso le facoltà d’Architettura di Grenoble e Montpellier, quello di Alfonso Acocella presso la facoltà di Architettura di Ferrara o quello di Matthew Howell alla HSLU Lucerna.

10.    Sei piani corrispondo all’altezza media svizzera per gli edifici d’alloggio, secondo i dati pubblicati in: Martin Schuler, Atlas des mutations spatiales de la Suisse, Editions Neue Zurcher Zeitung, Zurich 2007, cap. 8. Questi valori di progettazione sono stati verificati a due riprese, prima nell’ambito della ricerca dottorale Construction en pierre massive en Suisse(vedi nota 3) e recentemente nella fase di sviluppo degli edifici d’alloggio a Plan-Les-Ouates (Ginevra), progetto della Comunità di Lavoro Archiplein e Perraudin Architecture, grazie al supporto del dr. ing. Pierino Lestuzzi (Epfl IMAC e Bureau Résonance Carouge).

11.    Vedi norma SIA 261:2014 Azioni sulle strutture portanti.

12.    Fernand Pouillon, Mémoires d’un architecte, Editions du Seuil, Paris 1968, p. 174. «Per me, costruire un’aerostazione in pietra sarebbe un’imbecillità, per non dire una follia. Ma imporsi [l’utilizzo, n.d.T.] di strutture dinamiche per collocarvi [degli appartamenti, n.d.T] di tre locali più cucina in edifici da tre a dieci piani, non è meno aberrante» (trad. dell’autore).

13.    La tecnica della pre- o postcompressione, ben conosciuta nell’ambito della costruzione in calcestruzzo armato, può essere applicata anche alla pietra naturale. Questo materiale presenta tra gli altri anche il vantaggio di non subire alcun ritiro con il tempo. In particolare, è possibile immaginare di realizzare dei grandi elementi in pietra naturale preassemblati in laboratorio e che si comportano, in seguito, come degli elementi monolitici.

14.    Attitudine se non contemporanea, perlomeno Moderna: «L’Architecture, c’est, avec des matériaux bruts, établir des rapports émouvants». Le Corbusier, Vers une architecture, Flammarion, Paris 1995, p. XIX.

15.    Paul Schmitthenner, Delle possibilità di creare uno stile, in: Paul Schmitthenner, La forma costruita. Variazioni su un tema, Electa, Milano 1988, p. 176.

    

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