Dia­loghi sul­la mu­ta­zio­ne del ter­ri­to­rio

Cédric van der Poel ha incontrato per i2a, istituto internazionale di architettura, Maria Lezzi, geografa, dal 2009 Direttrice dell’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE).

Publikationsdatum
16-01-2017
Revision
16-01-2017

Cédric van der Poel: La mostra Constructive Alps ospitata da i2a istituto internazionale di architettura fino alla fine di gennaio è arrivata alla sua terza edizione. Questo progetto promosso dall’ARE premia degli edifici di qualità costruiti lungo l’arco alpino. Potrebbe raccontarci brevemente la genesi di questa iniziativa e gli obbiettivi che si pone?

Maria Lezzi: Siamo convinti che con Constructive Alps possiamo contribuire in modo sostanziale all’attuazione del Piano d’azione sul cambiamento climatico della Convenzione internazionale delle Alpi e alla protezione del clima. In una mostra itinerante attraverso l’Europa presentiamo i 30 progetti di costruzione e risanamento più sostenibili selezionati tra circa 300 candidati. Questa mostra non è pensata soltanto per far conoscere specificità legate all’architettura, all’artigianato e al settore dell’energia, bensì, soprattutto, per mostrare come vivono e lavorano le persone negli edifici.

In collaborazione con il Principato del Liechtenstein e l’attuale presidenza austriaca della Convenzione delle Alpi, a inizio novembre abbiamo indetto la quarta edizione del concorso.

Se da una parte la tendenza è quella di fermare le costruzioni sulle Alpi – prima tra tutte l’iniziativa Wever – per contenere la lottizzazione selvaggia, voi premiate sia delle ristrutturazioni sia delle nuove costruzioni. Una tesi dell’EPFL1 appena discussa sostiene l’abbandono dello chalet isolato a favore di una densificazione delle stazioni sciistiche. Cosa ne pensate?

Non trovo che ci sia una contraddizione. I vincitori della scorsa edizione sono costruzioni e ristrutturazioni armoniosamente inserite nel centro dei paesi (Krumbach e Valendas) e un agriturismo per gran parte integrato nel terreno. Anche tra gli altri premiati troviamo molti contributi degni di nota, che mettono in pratica gli obiettivi della revisione della legge sulla pianificazione del territorio.

La SIA ha lanciato nel 2015 il grande progetto Svizzera 2050. Lei è intervenuta alla Biennale Permanenze e metamorfosi del territorio: meglio comprendere una Svizzera in via di urbanizzazione organizzata da i2a lo scorso aprile per fare un bilancio intermedio della fase pilota di questo progetto. Potrebbe innanzitutto indicarci quali sono secondo lei le grandi sfide che si profilano nella gestione del territorio per gli anni a venire? E cosa vi aspettate da un tale progetto di ricerca?

In Svizzera gli ultimi decenni sono stati caratterizzati dalla crescita e dalle sue ripercussioni. A partire dal 1950 la popolazione è aumentata costantemente, passando da 4,7 milioni di abitanti a 8,2 nel 2014. Ciononostante alcune zone periferiche, in particolare situate nelle Alpi e nel Giura, negli ultimi dieci anni hanno assistito a un calo della popolazione. Secondo le stime ufficiali per il 2045 si prevede che in Svizzera vivranno 10 milioni di persone. A ciò si aggiunge che la popolazione esige sempre più spazio per vivere e lavorare come pure per le proprie attività ricreative e per il tempo libero (attualmente la media è 45 mq di superficie abitativa pro capite); di conseguenza la superficie riservata agli insediamenti, ai trasporti e alle infrastrutture si estende sempre più rapidamente. In Svizzera vanno persi circa 1,2 mq di superficie agricola al secondo, di cui 0,4 mq si trasformano in bosco e 0,8 mq diventano zone edificate. Inoltre, su 18 000 kmq di superficie insediabile devono poter essere prodotti in modo sostenibile alimenti sani. 

In Svizzera ogni persona si sposta per un tratto medio di 38 km al giorno, che corrisponde a una durata di 83 minuti. Per questo motivo la rete dei trasporti si trova al limite delle sue capacità. Ne consegue che i costi legati alle infrastrutture e alle code sulle strade sono elevati e il territorio e l’ambiente inquinati. Entro il 2040 l’Ufficio federale dello sviluppo territoriale (ARE) prevede una crescita delle prestazioni nel settore dei trasporti del 37% nel traffico merci e del 25% nel traffico viaggiatori. Gli ampliamenti previsti non basteranno per affrontare tale mutamento in tutta la sua dimensione, ma sarà necessario pervenire a un’utilizzazione ottimale delle infrastrutture già esistenti, in particolare nelle ore di punta. I progetti pilota di mobility pricing in singole regioni potranno aiutarci a fare un passo avanti in questa direzione. Una cosa che non sappiamo ancora è se, in che maniera e con quanta rapidità le innovazioni tecnologiche e sociali si ripercuoteranno sul nostro modo di gestire la mobilità. 

In ogni caso la pressione legata allo sfruttamento del suolo limitato è sempre più forte e la dispersione insediativa continua ad aumentare. Quest’ultima non interessa più soltanto l’Altopiano svizzero, ma è rilevabile e si fa sentire chiaramente anche nelle regioni rurali e turistiche. Che lo sviluppo territoriale in Svizzera sia da alcuni anni oggetto di dibattiti pubblici e che abbia un peso determinante a livello decisionale non è che una logica conseguenza. Quel che è certo è che in Svizzera è necessario progettare in modo sempre più interconnesso, sia negli spazi funzionali, sia quando si affrontano progetti che concernono più vettori di trasporto o questioni interdisciplinari. Dobbiamo inoltre essere in grado di prendere le decisioni giuste in tempi di conflitti di obiettivi e d’interessi, e di insicurezza generale (ad esempio gli sviluppi europei, il cambiamento climatico ecc.). In questo ambito aumenterà, ad esempio, l’importanza di pianificazioni continue e di un’individuazione più precoce e migliore dei problemi sul piano strategico. 

Se il progetto della SIA Svizzera 2050 ci può fornire nuove idee o fondamenti per affrontare le sfide future, l’ARE lo seguirà con molto interesse. 

Un’altra tesi dell’EPFL appena pubblicata, indica una nuova polarizzazione geografica della Svizzera. Basata su un’analisi dei voti negli ultimi 30 anni, la tesi dimostra che il famoso Röstigraben è lentamente rimpiazzato da una frattura tra centri urbani e campagna insieme alle regioni periurbane. Le conclusioni sostengono una nuova analisi geografica dell’azione politica collettiva al fine di dare maggior peso ai centri urbani. In una parola, questa tesi si interroga sulla pertinenza del sistema di doppia maggioranza. Cosa ne pensa e cosa ci dice questo della gestione territoriale elvetica?

Poiché non ho letto lo studio in questione, non posso prendere posizione in merito alle tesi in esso contenute. Dato che Lei cita le votazioni degli ultimi trent’anni, vorrei però parlare del lavoro del professore di politologia Fritz Sager che nel quadro del programma nazionale di ricerca 68 Risorsa suolo ha analizzato il grado di accettazione democratica delle misure di pianificazione territoriale. Ha ad esempio individuato i fattori che hanno influito sulle votazioni in questo ambito:

–    gli affittuari di un appartamento o i soci di cooperative edilizie tendono a votare più spesso a favore di misure di pianificazione territoriale rispetto a chi è proprietario di un appartamento;

–    l’appartenenza a un partito influisce sul grado di accettazione di misure rilevanti dal punto di vista della pianificazione territoriale;

–    gli uomini sono più frequentemente contrari a misure di pianificazione territoriale rispetto alle donne;

–    il luogo in cui risiede una persona (città o campagna) non influisce sul grado di accettazione delle misure di pianificazione territoriale;

–    inoltre, non influiscono nemmeno i fattori fiducia nel Governo, livello di conoscenza del progetto in votazione, formazione ed età.2

Studi di questo tipo sono un prezioso contributo per capire meglio la società e poter progettare in modo ancora più sostenibile il nostro lavoro.

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