Cen­t­oval­li, una ca­sa di vil­leg­gia­tu­ra degli an­ni ’60

Nascosta su un crinale roccioso della valle, la costruzione moderna e lineare di Alfred Altherr, una volta scoperta, catalizza l’attenzione.

Publikationsdatum
23-02-2015
Revision
08-10-2015

Il Canton Ticino è da sempre uno dei luoghi di ritiro preferiti dagli svizzeri tedeschi. Chi non sopporta la mondanità delle cittadine nel sud del cantone, si apparta volentieri in una delle numerose valli. Qui il paesaggio scosceso e roccioso si accompagna alla vegetazione rigogliosa delle tortuose vallate apparentemente impenetrabili: un autentico rifugio di pace.

Antiche osterie e vecchi rustici in granito caratterizzano il profilo dei villaggi, sebbene qua e là spunti una casa con una storia tutta sua da raccontare. In questi luoghi infatti hanno lasciato il proprio segno non solo gli architetti ticinesi, Peppo Brivio e Mario Botta, ma anche i loro colleghi del nord delle alpi.

Piuttosto isolata su uno sperone di roccia, troviamo la casa di vacanza costruita nel 1964 dall’architetto Alfred Altherr (si legga il riquadro). La roccia sottostante è attraversata da una galleria della Centovallina, dal treno quindi il cospicuo edificio non si vede così come non si vede dalla strada che le passa accanto. Eppure, una volta scoperta, quest’opera architettonica moderna e lineare catalizza l’attenzione.

Un ordine preciso

Risalendo il ripido viottolo che conduce alla casa, si distinguono già le prime sfaccettature: la struttura a due piani comprende un livello inferiore in pietra, che interpreta la funzione di zoccolo e pare quasi scaturire direttamente dalla roccia. Benché la forma sia rigorosamente geometrica, si può riconoscere anche un’affinità con i caratteristici rustici della zona. Al di sopra dello zoccolo troneggia il piano terreno. La leggera sporgenza del volume e la sua realizzazione in cemento armato a vista sottolineano la gerarchia e non lasciano dubbi sulla moderna concezione architettonica di Altherr. In tal modo viene però stabilito solo un principio d’ordine, e il corpo in cemento armato non s’impone brutalmente. Anzi, superata la prima impressione, sembra quasi ritirarsi e abbassarsi, dal lato della montagna, all’altezza del parapetto mettendo in rilievo, sulla facciata principale, il parapetto in cemento frammentato e la facciata di vetro leggermente rientrante.

Giunti al basamento della casa, si sale la scalinata aggettante in granito che porta al piano inferiore. Esterno ma coperto, l’ingresso, denominato nel progetto originario dell’architetto addirittura «atrio», accoglie il visitatore. Nella sua essenzialità questo luogo predisposto con pochi mezzi dà di fatto già l’idea di stanza.

Attraverso la grande porta a vetri è visibile l’interno del piccolo appartamento degli ospiti. Grazie al prolungamento del muro dentro l’appartamento lo spazio esterno e quello interno si intrecciano diventando un tutt’uno. Che questo non voglia essere solo un semplice effetto ma piuttosto un nuovo concetto di abitazione, risulta ancora più evidente al piano superiore.

Il giardino prigioniero

Salita la seconda rampa di scale in granito, si arriva a una porta in ferro rossa incassata in una parete di mattoni a vista. Dietro questa parete essenzialmente elegante si nasconde un vero hortus conclusus, un cortile giardino ben definito. Un angolo formato da due pareti a facciavista costituisce la parte retrostante del cortile, mentre gli altri due lati sono delimitati dal bordo anteriore in cemento armato e dalla vetrata filigranata del salotto. La struttura del cortile è data in primo luogo dalle altezze differenziate.

In un angolo si trova una interpretazione del tradizionale tavolo da grotto. Contrariamente all’abituale pesantezza di questi tavoli, la versione in cemento esprime leggerezza. Il camino sulla parete retrostante, la presenza di due alberi e il pavimento in lastre di granito collocate liberamente rievocano l’atmosfera tipica delle osterie. Un contrasto netto con il piano superiore, dove il pavimento è costituito da una lastra di cemento liscio. Due sottili pilastri alludono vagamente a un colonnato.

L’ombra della tettoia avanza nel corso della giornata sul pavimento di cemento. La sera anche nelle calde giornate estive, ci si può spingere avanti per ammirare il panorama della vallata. Quasi inavvertitamente si supera la linea che separa l’interno dall’esterno, la divisione della vetrata coincide perfettamente con il parapetto in cemento armato della terrazza e con i pilastri che proseguono all’interno. Perpendicolare alla facciata, il camino rivestito in granito delimita il soggiorno. Dietro di esso ci sono altre due stanze: lo studio e la camera da letto, le cui pareti rivestite in legno di quercia introducono un nuovo registro. Questi spazi sono da intendere come gusci imbottiti e sono «preannunciati» con discrezione dal bagno anteposto.

Il progetto originario

Stando al progetto di Alfred Altherr, il primo piano della casa prevedeva di fatto solo una camera da letto. Tuttavia un secondo letto poteva essere predisposto in salotto, come si evince da alcune fotografie del 1960 che mostrano, tra i mobili, un letto con struttura tubolare in acciaio. Accanto vi sono ovviamente due poltrone in legno di castagno, progettate da Altherr, di fronte un piccolo tavolo da pranzo, e poi in fondo, defilate, la cucina e la dispensa.

L’appartamento al piano inferiore è un’unità indipendente. Completamente arredato come quello al primo piano, non gode però della stessa vista mozzafiato. Al posto della camera da letto, sotto era previsto un atelier per il padrone di casa.

Leggeri ritocchi

Rimasta a lungo disabitata, da qualche anno la casa ha dei nuovi proprietari. A quanto pare, la maggior parte dei numerosi appassionati del Ticino è alla ricerca di un rustico tradizionale con requisiti che l’ardita opera di Altherr – per fortuna – non può soddisfare. Dal canto loro, i nuovi proprietari hanno un rapporto autentico e profondo con la loro casa. Con pochi, impercettibili interventi l’hanno adattata ai propri bisogni pur rispettandone lo spirito originario: per mettere in relazione i due piani, hanno fatto costruire una scala interna cosicché dalla camera da letto e dallo studio si può scendere nell’atelier al piano di sotto. Realizzazione e tipologia di questo intervento si conformano perfettamente con le direttive poste da Altherr. Il mobilio ancora originale è stato integrato con alcuni pezzi moderni, l’impressione che rimane è quella già espressa in un reportage dell’aprile 1977: «Es ist ein ideales Haus».

Testo tratto da Alfred Altherr Junior - Protagonist der Schweizer Wohnkultur e tradotto da A. Luise.

Villa Sassalto, Centovalli

Architettura: Alfred Altherr

Fotografie: Marcelo Villada Ortiz, Lugano; Andreas Zimmermann, Basilea

Data: 1964

Alfred Altherr

Nasce nel 1911 a Elberfeld (Germania). Apprendista disegnatore edile nello studio dei fratelli Otto e Werner Pfister a Zurigo, all’età di 19 anni svolge un periodo di praticantato da Le Corbusier e Pierre Janneret a Parigi, e in seguito dall’urbanista e ingegnere Johannes Duiker ad Amsterdam. A Parigi conosce l’architetto Junzo Sakakura che lo inizia allo studio della cultura giapponese. Dopo queste prime esperienze rientra in Svizzera dove è impiegato nello studio di Karl Moser e Alfred Roth; nel 1934 apre il proprio studio a Zurigo. Il primo mandato lo por ta in Ticino, dove costruisce una serie di edifici accessori al Monte Verità per il Barone Edouard von der Haydt. Altherr è il più giovane architetto della «Landi 39», mostra diretta da Armin Meili, dove realizza diversi padiglioni. Fondatore e redattore della rivista «Bauen+Wohnen» dal 1947 al 1950, in seguito diventa direttore esecutivo di «Das Werk». Dal 1961 al 1963 Altherr dirige la Kunstgewerbeschule e il Kunstgewerbemuseum di Zurigo. Nel 1964 realizza due case di vacanza a Sassalto nelle Centovalli, una per sé e l’altra per gli amici Hofstetter. L’interesse che da anni coltiva per l’architettura nipponica lo por ta a compiere due viaggi in Giappone e nel 1968 alla pubblicazione del libro Drei japanische Architekten. Alfred Altherr muore nel 1972 a Forch nei pressi di Zurigo.

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